giovedì 17 settembre 2009

IN ATTESA DEL CONGRESSO DEL PARTITO DEMOCRATICO

Lettera aperta ai nostri dirigenti nazionali, regionali e provinciali.

Si avvicinano scadenze importanti per il nostro Partito Democratico: celebrazione del congresso ed elezione del nuovo Segretario.

Un tempo questi erano momenti cruciali nell’agenda politica dell’Italia repubblicana. Attesi, combattuti, e seguitissimi dai cittadini, i congressi determinavano scelte politiche chiare, spesso innovative ( i governi di centro sinistra, la solidarietà nazionale ecc.), provocavano comunque un grande dibattito popolare, per poi eleggere classi dirigenti certamente pro tempore ma stabili e non di rado prestigiose.

Ma soprattutto erano patrimonio di tutti i partiti politici. Oggi il quadro è drammaticamente cambiato. Tra le forze presenti in Parlamento, solo il PD e i Radicali sono rimasti fedeli a questa tradizione democratica ( i congressi dell’Udc servono solo a confermare la leadership di Casini). Tutti gli altri partiti, specie quelli al governo, hanno assunto le sembianze dei loro padri padroni ed esclusivamente da questi dipendono linee politiche e le fortune personali di chi fa a gara a chi è più fedele. Ne conseguono scelte di governo guidate non da convinzioni ma dai sondaggi, non da politiche lungimiranti ma da un populismo becero e miope, non da una decente moralità pubblica e privata ma da comportamenti devianti e pericolosi, specie per le nuove generazioni.

E’ per questo, è per contrastare il decadimento verticale della qualità della nostra democrazia, che non possiamo permetterci di sprecare questa occasione congressuale.

E’ per questo che ci permettiamo di sollevare dubbi, di formulare critiche ma anche, quando si entrerà nel vivo del dibattito congressuale, di avanzare proposte. Per amore verso il nostro Partito e il nostro Paese. In altri tempi, certamente più drammatici ma ugualmente determinanti per il futuro, ci fu chi non ebbe timore a dichiararsi “ribelle per amore”.

E’ per questo che anche noi condividiamo l’opinione di molti circa la macchinosità e l’incoerenza dei passaggi congressuali: l’aver messo assieme, per le mozioni, l’assemblea nazionale dei soli iscritti con, per l’elezione del segretario, le primarie aperte a tutti, ci sembra un buon modo per fare confusione, creare inutili conflitti e, potenzialmente, paralisi politica ( e se risultasse eletto Segretario il titolare di una mozione perdente?).

E’ per questo che, nel leggere le tre mozioni, dichiariamo la nostra delusione. Non ci è certo sfuggito lo sforzo di sintesi ed il tentativo di delineare alcune linee guida. Tuttavia ci è parso evidente che la preoccupazione principale è tutta focalizzata sulle schermaglie interne, sulla difesa rispetto alle critiche delle parti avverse. E’ così che se a Marino si rimprovera di essere un anticlericale, lui di laicità quasi non parla. E’ così che se Franceschini viene accusato di essere un continuatore del Veltroni che svicolava sui temi eticamente sensibili e teorizzava il partito leggero e a vocazione maggioritaria, lui insiste sulla necessità delle alleanze e di scelte univoche. E’ così che Bersani, inseguito dal sospetto di voler rinverdire i fasti della vecchia struttura comunista, ripete che il PD ed il metodo delle primarie costituiscono un punto di non ritorno.

E’ per questo che siamo ancora in attesa di ciò che fatica ad arrivare ed è sempre più urgente: una linea politica comprensibile e, ancor prima, un’identità chiara. Ha ragione chi sostiene che l’elettore di destra sa cosa vota, mentre gli altri, i nostri elettori, no. E questi, a milioni, se ne stanno a casa o votano chi comunque un’identità ce l’ha.

Noi non abbiamo perso la fiducia nei nostri leader. Non saremmo qui. Siamo convinti che la qualità media dei nostri rappresentanti è superiore a quella degli avversari. Il problema è che ne sono troppo consapevoli e troppo spesso si attardano in guerre interne, sprecano energie nell’attrezzarsi allo scontro e non al confronto, nel cercare di vincere piuttosto che a convincere. Le vicende precongressuali che si stanno realizzando in tutta Italia, Veneto e Vicenza compresi, ci parlano purtroppo di conflitti personalistici, di scelte calate dall’alto alla faccia del federalismo, di ambizioni che richiederebbero il dono dell’ubiquità e la disponibilità di giornate che superano le 24 ore.

Con convinzione noi ci riconosciamo nelle idee e nei valori dello Statuto del Partito Democratico.

Con umiltà vogliamo ricordare che questo partito è nato per essere una comunità di persone libere, alle quali non è bene chiedere “tu con chi stai?” ma piuttosto “tu cosa pensi?”.

Molti di noi arrivano da strade diverse, alcuni anche da appartenenze che si pensavano inconciliabili. Abbiamo lavorato per trovare un percorso comune e ci siamo messi in cammino.

Chiediamo alla nostra classe dirigente di esserci guida e non intralcio.

CONTRIBUTO DEL CIRCOLO DI NOVENTA VICENTINA.

Settembre 2009

1 commento:

  1. Interessante e condivibile riflessione. Ma non vi pare che a Noventa, in piccolo, con altre dinamiche, non succeda la stessa cosa?

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