venerdì 27 febbraio 2009

...Noi ci Impegniamo...

Noi ci impegniamo…
Ci impegniamo noi, e non gli altri;
unicamente noi, e non gli altri;
né chi sta in alto, né chi sta in basso;
né chi crede, né chi non crede.
Ci impegniamo,
senza pretendere che gli altri si impegnino,
con noi o per conto loro,
con noi o in altro modo.
Ci impegniamo
senza giudicare chi non s’impegna,
senza accusare chi non s’impegna,
senza condannare chi non s’impegna,
senza cercare perché non s’impegna.

Il mondo si muove se noi ci muoviamo,
si muta se noi mutiamo,
si fa nuovo se qualcuno si fa nuova creatura.
La primavera incomincia con il primo fiore,
la notte con la prima stella,
il fiume con la prima goccia d’acqua
l’amore col primo pegno.
Ci impegniamo
perché noi crediamo nell’amore,
la sola certezza che non teme confronti,
la sola che basta
a impegnarci perpetuamente.


                                                                                 don Primo Mazzolari



martedì 10 febbraio 2009

Il silenzio


Il silenzio. Dio come avremmo voluto il silenzio in questi giorni.
E quanto ne avremmo bisogno oggi, domani, nei giorni prossimi. A Udine, a Roma. Intorno a Eluana Englaro, intorno a suo padre. Nei palazzi della politica, in quelli della fede. Un po’ di silenzio e di rispetto nei luoghi dove invece in queste settimane è stato allestito un circo indecoroso, un fracasso assordante, una rappresentazione che nulla aveva a che vedere con la realtà di quella giovane donna, e di tanti che condividevano la sua condizione.
Invece non avremo il silenzio.
Anzi, dalle otto e mezza di ieri sera siamo di nuovo frastornati da un suono orrendo, una cacofonia che se non altro a Eluana è risparmiata.
Ma non viene risparmiata a noi, non viene risparmiata a questo sciagurato paese.
«ASSASSINI», hanno urlato e urleranno.
Per onorare il lutto, prima si sono insultati e poi stavano per prendersi a botte. Se quei senatori di destra avessero davvero avuto a cuore la salvezza di Eluana in quel momento avrebbero pianto, invece di urlare. Il primo pensiero di Gasparri non è andato alla ragazza che diceva di voler salvare: è andato a Napolitano, che vuole far saltare per far posto a Berlusconi, per rinfacciargli la firma non apposta a un decreto illegale.
La verità è che nessun politico potrà mai dire di aver fatto alcunché per «salvare Eluana Englaro» come proclamava ieri Sacconi. Né negli scorsi diciassette anni, né nelle ultime ore. A ben vedere, i senatori della destra si sono comunque preservati il fine settimana: avevano i numeri per legiferare, con la loro logica si potrebbe dire che Eluana l’hanno uccisa loro.
Ma per carità, lasciamo perdere.
Prepariamoci a reggere l’urto di questa folle strumentalizzazione senza ricambiarla. Anzi, ricambiandola con proposte finalmente condivisibili su questo tema, e sperabilmente condivise.
La politica si umilia con questi spettacoli, dopo aver fallito nelle proprie responsabilità. Raccontano in privato gli anestetisti rianimatori di quante volte, per mera mancanza di posti letto e strutture, devono scegliere loro se tenere appesi a una flebile e breve esistenza dei meravigliosi vecchietti, o tenere aperto il futuro a giovani schiantatisi in auto.  O una cosa o l’altra. Entrambe, no. Se una politica che non fa il minimo per salvare i vecchietti e i giovani d’Italia mette poi in piazza certi spettacoli, merita tutto il discredito che ha.
Per quel che vale adesso, va messo agli atti che c’è stato fin qui in questa vicenda un solo partito politico che, con tutte le difficoltà che ha e gli errori che fa, ha rappresentato davvero la reale, effettiva, materiale, dolorosa contraddizione che ha attraversato tutte le famiglie italiane in questi giorni. Perché c’è un solo partito che, fra tanti difetti, ha anche quello di essere – purtroppo – democratico.
C’è gente nostalgica o ipocrita che si scandalizza perché il Pd, pur assumendo una posizione prevalente contro il disegno di legge governativo, aveva deciso di accettare pienamente e anzi considerare proprie le posizioni di chi temeva che a Udine si stesse consumando un’eutanasia.
A noi pare l’esatto contrario. A noi pareva cupo l’allineamento dei berlusconiani, impegnati in una guerra non voluta, obbligata dalla necessità di reggere l’affondo del Capo contro Napolitano. Invece siamo a nostro agio – incredibile, vero? – nei pressi di un partito che ha mostrato di saper distinguere. Pure quando era sottoposto a un ricatto evidente.
Un partito che da una parte ha difeso con ogni strumento la Costituzione e il suo custode, il capo dello stato (e dovrà difenderlo ancora, e di più); e dall’altra riconosce che i confini della vita e della morte non possono essere fissati a maggioranza.
Un partito che non dirà mai assassino a nessuno, e che non se lo fa dire da nessuno.

da  il quotidiano EUROPA

Riposa in pace


Eluana è morta ieri sera alle 20,10. Scontro al senato. Il Quirinale: l’ora del silenzio

Il circo della politica non ha saputo fermarsi nemmeno di fronte alla morte. La notizia della scomparsa di Eluana Englaro è giunta in serata a palazzo Madama, dove era in discussione il disegno di legge che avrebbe dovuto imporre la ripresa dell’alimentazione e dell’idratazione della giovane, dando vita, dopo un obbligato minuto di silenzio, allo «sciacallaggio » della maggioranza, come è stato definito da Anna Finocchiaro.
Nell’aula del senato è stata sfiorata la rissa, con gli esponenti del Pdl che urlavano «assassini» nei confronti dei colleghi del Pd.
«Eluana non è morta, è stata ammazzata », è stato il primo commento del forzista Gaetano Quagliariello, mentre da più parti (Gasparri, Farina) le accuse si sono rivolte più o meno direttamente al Quirinale. E lo stesso presidente del consiglio ha emesso una nota difficile da fraintendere: «È grande il rammarico che sia stata resa impossibile l’azione del governo per salvare una vita».
Walter Veltroni ha immediatamente convocato il coordinamento del Pd per valutare le prossime iniziative, compresa la manifestazione prevista per oggi, ma soprattutto chiede che si torni all’esame del disegno di legge sul testamento biologico. Per il capo dello stato, è «il momento della partecipazione al dolore e del silenzio»

da il quotidiano EUROPA

venerdì 6 febbraio 2009

Anche l’Istat va in crisi

Anche il paniere Istat si adegua alla recessione. L’ingresso della pasta base per pizze, rustici e dolci e i film in dvd registrano le nuove tendenze della società italiana, la tendenza alla preparazione casalinga dei cibi come la pizza e il noleggio– acquisto dei film in dvd che compensa l’uscita al cinema o a teatro. Con il nuovo anno entrano nel paniere anche il mais in confezione e la chiavetta usb. Ma è la pasta per pizza la vera novità. La moltiplicazione dei prezzi, dalle materie prime agricole ai prodotti finiti ha spinto un numero crescente di consumatori verso il fai da te casalingo che si è diffuso nella preparazione dello yogurt, del pane, della pasta o della pizza con un vero boom nell’acquisto di macchine agevolatrici. Il costo degli ingredienti per preparare una pizza margherita di buona qualità non supera i due euro tra farina, lievito, pomodoro, mozzarella, extravergine e basilico.
Un risparmio dimostrato anche dal successo della pagnotta fatta in casa che arriva a costare fino a quattro volte meno rispetto a quella acquistata dal fornaio, con una crescita esponenziale dei cittadini che si improvvisano panettieri per combattere il caro prezzi e garantirsi un prodotto sano e genuino.

Buona giornata a tutti

giovedì 5 febbraio 2009

Silvio e la favola degli 80 miliardi. Ma la fase due dov’è?

C’era una volta ... il cantafiabe dirà/ e un’altra favola comincerà...Finita la stagione della Finanziaria anticipata triennale, del governo veggente e preveggente che ha “visto” la crisi e che, per primo (?), l’ha accompagnata con provvedimenti di sostegno al sistema bancario italiano, l’esecutivo deve cambiare passo, esprimere una politica industriale ma anche sociale di sostegno al reddito, gettare il cuore oltre l’ostacolo e mettere a punto misure in grado di attutire l’impatto di una crisi sull’economia reale che rischia di essere qualcosa di più di un violento schiaffo alla struttura sociale che conosciamo oggi. Ecco allora che il presidente del Consiglio tira fuori la favola dei 40 miliardi che diventano 80 neanche fossero le nozze di Cana. Cifre che lasciano il tempo che trovano, che rincorrono i grandi piani europei che, uno dopo l’altro, stanno ottenendo il viatico europeo. Ieri è stata la volta del piano di sostegno francese ai prodotti verdi che ha ottenuto il via libera di Bruxelles.
Nell’impossibilità di passare a una fase due operativa in grado di sostenere concretamente le aziende, Berlusconi si affida a quel che meglio gli riesce: i bluff da campagna elettorale. Peccato, però, che stavolta – rispetto alla legislatura 2001- 2006 – il tempo è tiranno. La società italiana, pur con le sue polarizzazioni di reddito e con quel drammatico gap nord-sud denunciato proprio ieri dalla Confindustria, rischia di cambiare struttura nel giro di un anno o due. Non si tratta solo di previsioni: la crisi morde già i calcagni delle imprese, affonda i denti nei polpacci dei lavoratori. Di fronte a questo tsunami il governo dovrebbe aprire la cosiddetta fase due, una risposta decisa all’onda d’urto che si sta riversando sull’economia reale.
Lo stesso Carlo Azeglio Ciampi, ieri sera, ai microfoni della trasmissione tv Ballarò ha detto chiaro e tondo che vanno trovate risorse per difendere chi ha più bisogno, ovvero chi in termini relativi paga di più. Non è un compito facile, ma attiene a chi ricopre incarichi di governo senza trincerarsi dietro un indebitamento che, a fronte di un crollo del Pil, non può che salire. La strada prospettata da Ciampi è quella di agire sull’avanzo primario, ovvero sull’utile dell’azienda Italia al netto degli interessi, piuttosto che cercare di ancorare il deficit senza avere corde a sufficienza. Se l’utile è intorno al 5% del Pil il disavanzo non può essere superiore all’1%: è questa la sua indicazione.
Per far questo, però, Berlusconi & Co.
dovranno lasciare da parte l’illusionismo da campagna elettorale , dovranno dire addio ai miliardi che appaiono e scompaiono tra le poste di bilancio, pensare a incentivi fiscali piuttosto che al credito al consumo. Per tornare a sostenere il prodotto reale, il lavoratore, l’imprenditore. Per ridare una fiducia concreta. Non più a parole.

di RAFFAELLA CASCIOLI da il quotidiano EUROPA

c/o Fondazione "MAURO NORDERA BUSETTO" Via Carlo Porta 36025 Noventa Vicentina (VI)