giovedì 5 febbraio 2009

Silvio e la favola degli 80 miliardi. Ma la fase due dov’è?

C’era una volta ... il cantafiabe dirà/ e un’altra favola comincerà...Finita la stagione della Finanziaria anticipata triennale, del governo veggente e preveggente che ha “visto” la crisi e che, per primo (?), l’ha accompagnata con provvedimenti di sostegno al sistema bancario italiano, l’esecutivo deve cambiare passo, esprimere una politica industriale ma anche sociale di sostegno al reddito, gettare il cuore oltre l’ostacolo e mettere a punto misure in grado di attutire l’impatto di una crisi sull’economia reale che rischia di essere qualcosa di più di un violento schiaffo alla struttura sociale che conosciamo oggi. Ecco allora che il presidente del Consiglio tira fuori la favola dei 40 miliardi che diventano 80 neanche fossero le nozze di Cana. Cifre che lasciano il tempo che trovano, che rincorrono i grandi piani europei che, uno dopo l’altro, stanno ottenendo il viatico europeo. Ieri è stata la volta del piano di sostegno francese ai prodotti verdi che ha ottenuto il via libera di Bruxelles.
Nell’impossibilità di passare a una fase due operativa in grado di sostenere concretamente le aziende, Berlusconi si affida a quel che meglio gli riesce: i bluff da campagna elettorale. Peccato, però, che stavolta – rispetto alla legislatura 2001- 2006 – il tempo è tiranno. La società italiana, pur con le sue polarizzazioni di reddito e con quel drammatico gap nord-sud denunciato proprio ieri dalla Confindustria, rischia di cambiare struttura nel giro di un anno o due. Non si tratta solo di previsioni: la crisi morde già i calcagni delle imprese, affonda i denti nei polpacci dei lavoratori. Di fronte a questo tsunami il governo dovrebbe aprire la cosiddetta fase due, una risposta decisa all’onda d’urto che si sta riversando sull’economia reale.
Lo stesso Carlo Azeglio Ciampi, ieri sera, ai microfoni della trasmissione tv Ballarò ha detto chiaro e tondo che vanno trovate risorse per difendere chi ha più bisogno, ovvero chi in termini relativi paga di più. Non è un compito facile, ma attiene a chi ricopre incarichi di governo senza trincerarsi dietro un indebitamento che, a fronte di un crollo del Pil, non può che salire. La strada prospettata da Ciampi è quella di agire sull’avanzo primario, ovvero sull’utile dell’azienda Italia al netto degli interessi, piuttosto che cercare di ancorare il deficit senza avere corde a sufficienza. Se l’utile è intorno al 5% del Pil il disavanzo non può essere superiore all’1%: è questa la sua indicazione.
Per far questo, però, Berlusconi & Co.
dovranno lasciare da parte l’illusionismo da campagna elettorale , dovranno dire addio ai miliardi che appaiono e scompaiono tra le poste di bilancio, pensare a incentivi fiscali piuttosto che al credito al consumo. Per tornare a sostenere il prodotto reale, il lavoratore, l’imprenditore. Per ridare una fiducia concreta. Non più a parole.

di RAFFAELLA CASCIOLI da il quotidiano EUROPA

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